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Il congresso di Fratelli d'Italia: una farsa pazzesca. Le confessioni di un grande elettore settentrionale

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Domenica 3 dicembre si è concluso, con l'acclamazione di Giorgia Meloni quale presidente del partito e la presentazione del nuovo simbolo dal quale è sparito ogni riferimento ad Alleanza Nazionale e al Msi, rimanendo in vita, la fiamma.
Un congresso per niente esaltante, con i delegati nazionali trasformati in attori passivi delle decisioni stabilite dal cerchio romano come ci racconta un grande elettore settentrionale in un missiva che ha inviato al nostro sito



Cari Ugo Maria Tassinari e Giuseppe Parente,
cari lettori di Fascinazione,


Si è consumato il secondo congresso nazionale di Fratelli d'Italia, il dato più rilevante non è particolarmente esaltante. Non è stato un congresso ma una kermesse propagandistica ad uso e consumo della leader e del suo enturage. Una farsa bella e buona. Nessun dibattito nei congressi provinciali, utili solo a nominare i delegati nazionali che hanno avuto la funzione di fare da attori passivi alle decisioni stabilite in qualche stanza dal cerchio romano. In tempi in cui i partiti erano una cosa seria, era prassi prima del congresso nazionale, svolgere i congressi di sezione e poi il provinciale. Quelle erano le vere occasioni per discutere le mozioni congressuali, le tesi e quant'altro fosse propedeutico a dettare la linea politica del partito Nel contempo veniva scelta la classe dirigente locale, i cosidetti quadri intermedi. In Fratelli d'Italia nulla di tutto questo è accaduto. Eppure il cerchio romano è lo stesso che criticava nel Pdl Berlusconi per l'assenza di democrazia interna al partito e per le scelte calate dall'alto senza il coinvolgimento della base. Questo vuol dire che tutti i dirigenti nominati quattro anni fa rimangono al loro posto, non conta se hanno manifestato incapacità nel ruolo, conta che siano utili a recitare la parte dei fedeli esecutori degli ordini romanocentrici della Meloni e soci. Non poteva quindi essere diversamente nella due giorni di Trieste, dove è andata in scena l'apoteosi delle alchimie partorite da una cerchia ristretta di persone senza che la base potesse esprimere un'opinione anche critica a riguardo. Se a questo si aggiunge che ogni delegato ha dovuto sborsare 50 euro per partecipari ai "lavori", il cerchio sulla farsa triestina si completa nella maniera meno dignitosa per un partito che della meritocrazia e della fedeltà alle origini ha fatto la propria bandiera anche attraverso la modifica del simbolo che recupera la fiamma tricolore. Simbolo di un partito che i congressi però li faceva davvero con dispute interne feroci ma vere.

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